Membri di chiesa
Parliamo della rivitalizzazione della chiesa con Mark Dever e Jonathan Leeman
Jonathan: Mark, parliamo della rivitalizzazione della chiesa. Per cominciare vorrei che ci dessi un quadro generale del “prima e dopo” della Capitol Hill Baptist Church, un’istantanea del passato e un’altra del presente.
Mark: Nel 1993 il pastore che mi ha preceduto ha dato le dimissioni in circostanze non proprio favorevoli. La chiesa si trovava nel mezzo di una città che ai tempi era considerata la capitale americana degli omicidi. Dagli anni ’60 molti si erano trasferiti in periferia e così molte chiese del centro città erano finite in declino; tante si erano spostate o semplicemente avevano chiuso e venduto i loro locali. La CHBC non faceva eccezione; era diventata una congregazione di vecchi.
Jonathan: Com’era la chiesa?
Mark: Come ho detto, la chiesa era per lo più composta da anziani. L’edificio era in rovina, ma i membri erano fedeli; amavano il Signore. Non direi che avessero ricevuto un così buon insegnamento; in poco tempo avevano visto passare molti pastori. C’era stato un pastore che era rimasto più a lungo nella prima metà del XX secolo, ma dalla fine della seconda guerra mondiale avevano cambiato pastore ogni cinque anni. Ciascuno di loro era evangelico, eccettuato forse uno. Erano tutti uomini che credevano nella Bibbia.
Penso che la chiesa si fosse unita più sulla base di elementi culturali, che non spirituali: mangiare insieme, ascoltare un certo tipo di musica, organizzare determinati programmi e attività. Penso anche che si sentissero in un certo senso importanti per la collocazione del loro edificio, a pochi isolati dalla Corte Suprema e dal Campidoglio; credevano di essere in un luogo di particolare rilevanza per la diffusione del vangelo.
Per questo motivo, erano molto impegnati in un tipo di evangelizzazione stile Billy Graham, con appelli e alzate di mano. Lì erano sorti missionari, la maggior parte dei quali mandati negli anni ’50 da un laureato del Columbia College che era pastore della chiesa e aveva guidato una profonda rinascita dell’attività missionaria. Così mi sono inserito in una lunga storia di fedeltà.
Jonathan: E in quel momento quante persone frequentavano regolarmente?
Mark: Circa 130, la maggior parte delle quali avevano 70-75 anni.
Jonathan: Più di 20 anni dopo, com’è invece oggi la CHBC?
Mark: Ora i membri della chiesa non vivono in periferia, ma qui nel quartiere. L’ultima volta che abbiamo fatto un censimento, il 55% dei membri viveva nel raggio di un chilometro e mezzo dalla chiesa. Quando sono arrivato qui, solo poche persone vivevano nelle vicinanze e anche la maggior parte dei pastori prima di me aveva abitato a una certa distanza dalla chiesa.
La chiesa è anche molto più giovane. L’età media è forse 30. Abbiamo aumentato i posti a sedere, così che arriviamo a circa 1000 persone la domenica mattina e la sala è praticamente piena.
Se posso dire qualcosa a riguardo, una sala piena è di grande aiuto per le altre chiese; infatti quando si è al completo, non si favorisce il mito secondo cui la tua è l’unica chiesa buona nei dintorni. All’improvviso sei libero di dire alle persone di andare in chiese più vicine a casa loro. Possiamo trovare altre buone chiese o promuoverne la crescita se non ce ne sono.
Jonathan: Perciò, parlando di evangelizzazione e missione, le cose sono cambiate?
Mark: Riguardo all’evangelizzazione, penso che le cose siano rimaste uguali. Non facciamo più appelli, ma con i miei sermoni spero di chiamare le persone a ravvedersi e credere, così come hanno fatto tutti gli altri predicatori prima di me. Spesso pronuncio frasi come “Se sei qui e non sei un credente, vorremmo darti una copia del libro Who Is Jesus? di Greg Gilbert”. Speriamo di raccogliere frutti.
Jonathan: E invece per quanto riguarda l’evangelizzazione personale? I membri stanno condividendo il vangelo di più o di meno?
Mark: Beh, non ne posso essere sicuro, ma penso di più. Quando sono venuto qui, la chiesa era molto concentrata sull’organizzazione di “eventi”. Cercavamo di invitare la gente facendoci pubblicità su radio e giornali od organizzavamo un grande evento a cui far venire le persone e pagavamo un professionista perché annunciasse loro il vangelo.
Ciò che invece ho cercato di fare, con molta preghiera e amore, è stato incoraggiare le persone a comprendere che hanno la responsabilità di condividere il vangelo. Vogliamo formare i nostri membri perché conoscano talmente bene il vangelo da poterne parlare molto facilmente. Vogliamo che lo comprendano bene, così da essere facilmente in grado di trattarlo abilmente nelle loro conversazioni, con naturalezza.
Per quanto riguarda le missioni, posso dire semplicemente che stiamo sostenendo meno coppie, ma mandando loro più denaro.
Jonathan: Quali sono i vantaggi?
Mark: Non vogliamo che i missionari passino la maggior parte del loro tempo cercando di racimolare tutto il sostegno economico di cui hanno bisogno. Dunque, se ci fidiamo di loro, invece di dargli 500 euro all’anno gliene diamo 30.000 o 60.000, come se fossero membri dello staff.
In questo modo sono liberi di essere veramente missionari e la nostra relazione è totalmente chiara: devono rispondere a noi e noi siamo evidentemente responsabili per loro.
Jonathan: Passiamo al tema della “cultura” di chiesa. Come potresti descrivere i cambiamenti avvenuti nel tempo?
Mark: Prima di diventare pastore non ero parte della chiesa quindi è difficile dire. La chiesa che ho conosciuto all’epoca era molto gentile, dimostrava la classica ospitalità della gente del sud degli Stati Uniti, da cui provenivano alcuni membri. Ora però il tipo di ospitalità che caratterizza la nostra chiesa non può essere facilmente ricondotto a precise norme culturali: è un’ospitalità deliberata, spesso dimostrata verso persone con cui si ha ben poco in comune.
Mentre prima le conversazioni sarebbero cadute facilmente sulla famiglia e sul football, ora penso che trattino anche di sermoni, relazioni e discepolato, opportunità di evangelizzazione, quesiti sulla fede e lotte contro il peccato, nel segno di un’aperta condivisione.
Jonathan: Dunque, sei stato in questa chiesa per 21 anni. Ti definiresti un “rivitalizzatore di chiese”?
Mark: Sicuramente mi sono definito tale e mi hanno spesso chiamato in questo modo. Sono senza dubbio a favore della rivitalizzazione delle chiese, ma mi chiedo quanto il termine “rivitalizzatore” rischi di essere controproducente. Mi chiedo quanto presupponga l’evidenza di un certo successo nel nostro ministero, senza mostrare la minima considerazione per colui che sarà dopo di me pastore della chiesa.
Perciò mi chiedo quanto sia giusto il termine “rivitalizzatore di chiesa”. Senza dubbio desideriamo essere rivitalizzatori; desideriamo che Dio ravvivi la sua chiesa, ma non dimostriamo altro che arroganza e orgoglio se diciamo: “Rivitalizzerò questa chiesa”. Possiamo dire che desideriamo farlo e che ci lavoreremo.
Qualcuno mi ha chiesto: “Il ministero della CHBC è replicabile?”. Dopotutto è un tipo di critica che ho sentito spesso: “Mark è una brava persona, ma non si rende conto di quanto sia dotato nel ministero. Pensa che il merito sia tutto di questi nove tratti distintivi di cui parla tanto, ma in realtà è tutto merito delle benedizioni che il Signore sta riversando specificamente su di lui. Intanto tutti quanti si esaltano per questi nove tratti distintivi, senza però ottenere nessun risultato particolare”.
Penso di capire almeno in parte cosa vogliano dire, ma vorrei fare tre osservazioni.
Prima di tutto, la mia consacrazione al ministero della preghiera e della Parola, sulle orme degli apostoli in Atti 6, è sicuramente replicabile. Di certo non riguarda unicamente me o questo particolare contesto.
In secondo luogo, il tipo di cose che portiamo avanti come chiesa – il nostro impegno nel ministero, la nostra teologia, la nostra visione della chiesa, dei suoi membri e delle sue linee guida – è replicabile. Non c’è nulla di unico e speciale che non possa funzionare anche altrove.
In terzo luogo, se per “replicabile” si intende che “se fai queste cose allora sicuramente riceverai evidenti benedizioni”, allora sicuramente niente è veramente “replicabile”.
Tutto ciò va al di là del nostro controllo: è nelle mani dello Spirito Santo. Non ho mai pensato: “Dato che la nostra predicazione è di tipo espositivo, abbiamo una chiesa piena e gente che continua a convertirsi”. Non sono neanche tentato a pensare una cosa simile perché sono certo che ci sono predicatori certamente migliori di me, più attenti alla disciplina della chiesa di quanto non lo sia io, ma le cui chiese contano meno membri. Non è altro che una benedizione dello Spirito Santo, anche se tenderemmo a dire: “Guardate! Vedete che grande risveglio? Esaminerò come ciò è accaduto e poi proporrò il metodo straordinario per gustare di queste benedizioni eccezionali”.
Sebbene sia assolutamente giusto desiderare benedizioni eccezionali, pregare e affaticarsi a tal fine, non vogliamo farlo mediante maratone lunghissime di preghiera, grandi serate o tecniche che non seguiamo normalmente. Piuttosto, è in ciò che è regolare, giornaliero e settimanale che si trova la grazia: nella predicazione della Parola di Dio, nel battesimo e nella Cena del Signore, nell’essere membro di una chiesa locale, nel frutto dello Spirito. Sono queste cose normali quelle che siamo chiamati a perseguire e poi a volte il Signore benedirà in misura straordinaria. Perciò, penso che il termine “rivitalizzazione” possa essere usato solo se si guarda nello specchietto retrovisore e si descrive ciò che Dio sceglie di compiere in alcune chiese quando arriva un nuovo pastore.
Jonathan: Allora, guardando nello specchietto retrovisore, diresti che Dio ha rivitalizzato questa chiesa?
Mark: Sicuramente l’ha fatto in qualche modo, ma comunque non voglio dire che la chiesa fosse totalmente priva di vita prima che arrivassi. Era una chiesa fondata sul vangelo e sulla sua predicazione. C’erano sicuramente delle circostanze sociologiche e demografiche problematiche e apprezzo la fedeltà dimostrata, ma sicuramente, grazie anche a molti fattori esterni, la chiesa è stata rivitalizzata.
Tuttavia, mi riallaccio a ciò che Paolo scrisse ai Corinzi: “Io ho piantato, Apollo ha annaffiato, ma Dio ha fatto crescere”. Perciò, se si vuole veramente identificare chi sia stato il vero rivitalizzatore, sicuramente è Dio.
Jonathan: Dunque, sei a favore di pastori che si dedicano all’opera della rivitalizzazione?
Mark: Sì, assolutamente. Sono molto grato per il centro per la rivitalizzazione delle chiese e per il progetto portato avanti a questo riguardo dal North American Mission Board (Legacy Church Plant). Tutti questi sono modi in cui è possibile rafforzare la fedeltà dei pastori, pur in mezzo a circostanze difficili. Semplicemente mi pongo qualche domanda sulla nomenclatura che si utilizza e su certi presupposti che si celano dietro ad essa.
Pensando “Ce la posso fare!” si dimostra orgoglio, perché è tutta opera dello Spirito Santo. Si può pregare che un simile risveglio avvenga nella nostra nuova chiesa. Si possono programmare incontri e predicazioni per tutte le sere della settimana, ma non si può stabilire che lo Spirito Santo salverà 17 o addirittura 170 persone.
Perciò, se si comincia a misurare l’efficacia dell’opera dai numeri, si sentiranno storie come quella della chiesa nel sud degli Stati Uniti che chiedeva a una serie di persone particolarmente belle e attraenti di alzarsi quando si facevano chiamate al battesimo così che gli altri sentissero una certa pressione psicologica e si unissero a loro. Terribile! È assolutamente antibiblico!! È ironico pensare che questa chiesa creda di agire in favore dei non credenti, cosa che in effetti penso che faccia purtroppo in modo molto più profondo e drammatico di quanto non si renda conto!
In altre parole, non dobbiamo essere troppo attenti alle dimensioni e ai numeri quando parliamo di rivitalizzazione.
Jonathan: Torniamo ancora alla tua esperienza. Quando hai cominciato a conoscere la chiesa al tuo arrivo, da dove hai cominciato? Hai seguito una strategia precisa? Spesso si chiede: “Qual è la tua visione?”. Dunque, qual era la tua visione? Avevi una strategia d’azione?
Mark: Predica, prega, lavora e rimani.
Volevo predicare la Parola, dedicarmi seriamente durante la settimana alla preparazione del sermone. Volevo pregare regolarmente ogni giorno, particolarmente per ogni membro. Volevo amare le persone e costruire delle relazioni personali. Volevo provare a discepolare gli uomini.
Infine, volevo essere disposto a rimanere lì per sempre. Quando guidi una nuova impresa, è quasi sicuro che le cose non andranno sempre bene con le persone anziane; probabilmente non crescerà in mezzo a famiglie ben inserite e stabilite lì da tempo.
Piuttosto, certamente prospererà tra coloro che si trovano in un diverso stadio della loro vita, che si sono appena trasferite per lavoro o forse che hanno appena terminato l’università. Dunque, è quasi inevitabile che l’inizio della crescita di una chiesa coinvolga in particolare chi è più giovane e nuovo in zona.
Perciò, la domanda è: “Come si fa a maturare e diventare una chiesa che includa persone che abitano stabilmente e da tempo nella zona?”. Ci vuole molto tempo perché una chiesa arrivi a vantare una testimonianza duratura e completa. Ci saranno persone che verranno per cinque o dieci anni e il Signore li userà per aiutarti, ma altri verranno e rimarranno per decenni. Nella nostra chiesa ci sono persone che sono qui da vent’anni e che esprimono il loro dolore a vedere quanti amici hanno dovuto salutare. Devo dire che li capisco perché provo le stesse emozioni, ma credo che sia il “prezzo da pagare” se si fa parte di una chiesa.
Non penso che si debba diventare freddi, indifferenti o che si debba guardare con disapprovazione a un simile fenomeno. Penso che si possa prosperare e vivere una vita emotivamente stabile in una chiesa da cui molte persone vanno via dopo cinque o dieci anni.
Tuttavia, alcune persone devono essere disposte a restare. Penso che questa componente venga spesso a mancare, sebbene sia molto importante.
Jonathan: Parli più da padre che non da uomo d’affari. Parlare così tanto della crescita della chiesa sembra riportarci a una logica numerica da uomo d’affari, ma invece parli di pascere un “figlio” attraverso le diverse fasi e stagioni della vita.
Mark: Quanto più riduciamo il ministero a un mero business, tanto più i pastori si convincono di essere amministratori invece che pastori. Penseranno: “Voglio giocare in serie A, ho bisogno di una tribuna più grande”.
Se invece si pensa: “Wow, quel fratello sembra avere maggiormente a cuore il vangelo. Lo vedo avvicinarsi alle persone anche se in questo momento gli è difficile farlo fisicamente. Vedo che continua ad amare gli altri con sacrificio anche se la sua situazione è cambiata. Questo sì che porta gloria a Dio!”. Non si può valutare così facilmente la crescita spirituale in termini numerici, perché non si farà che frustrare alcuni membri della chiesa. Gli anziani devono essere i primi a dimostrarsi maturi nel adottare una prospettiva a lungo termine e nel comprendere che sarà Dio il giudice finale.
Jonathan: Quali sono alcune delle questioni spinose che hai affrontato all’inizio?
Mark: Dato che non avevamo una pluralità di anziani, molte questioni diventavano vere e proprie sfide. Se ci fossero stati più anziani, la chiesa avrebbe avuto più pace. La maggior parte delle minacce dipendeva dal mio essere l’unica autorità riconosciuta.
Non sentivo che quella situazione fosse sana per la chiesa e che le avrebbe fatto del bene a lungo termine. Non credevo neanche che fosse biblica. Dunque, potrei parlarti di molte questioni spinose, ma non era questo il punto, quanto piuttosto il difetto strutturale che ci rendeva vulnerabili a una serie di difficoltà inutili.
Jonathan: Ci sono stati dei momenti in particolare che ti sono sembrati punti di svolta?
Mark: Quando dall’avere un solo anziano riconosciuto siamo passati all’avere un gruppo di sei guide abbiamo vissuto un momento cruciale che ha portato vita non solo alla chiesa, ma anche a me. In questo modo non sembrava più che minacciassi l’orientamento o l’unità della chiesa con ogni decisione presa.
Jonathan: Dunque, se dovessi stilare una lista per un giovane pastore che sta per entrare in una chiesa che necessita una rivitalizzazione, cosa ci metteresti?
Mark: Predica buoni sermoni, lavora per il riconoscimento di una pluralità di anziani qualificati e stabilisci con cura un processo tramite il quale si possa diventare membri della chiesa.
Jonathan: Stai parlando della situazione americana in particolare o tutto ciò vale ovunque? Anche per le chiese in Brasile, Afghanistan e Giappone?
Mark: Non concepisco una cultura in cui tutto ciò non sia un fedele riflesso delle Scritture. Quindi, sì, vale per ogni punto del pianeta.
Jonathan: Quali sono stati alcuni degli errori che hai commesso? E quali lezioni hai imparato da essi?
Mark: Sicuramente non ho sempre dimostrato grande discernimento circa i costi che avrebbero comportato determinate scelte. Così potrei parlare del ministero tra donne, dei piccoli gruppi, del ministero radiofonico, delle classi di scuola domenicale per donne, delle cene del mercoledì. In breve, ci sono state molte cose che pensavo che comportassero un certo costo e invece ne hanno comportato un altro, spesso più alto del previsto. Se fossi stato affiancato da altri anziani, probabilmente me ne sarei reso conto di più.
Spesso dico che i giovani hanno grande acutezza e scarsa percezione della profondità: io ero proprio così. Ero molto acuto, potevo vedere bene cosa fosse giusto e cosa sbagliato, ma non avevo idea di come raggiungerlo. I giovani hanno bisogno dell’aiuto di chi è più in là negli anni.
Jonathan: Pensi che ci voglia un certo tipo di uomo per “rialzare una chiesa dal suo declino”?
Mark: Dipende da chiesa a chiesa, ma penso che se hai la minima tendenza a discutere, se hai vari spigoli da smussare in te stesso e se è proprio tua moglie a dirlo, allora forse sarebbe meglio che ti dedicassi a fondare una chiesa o che ti inserissi in una chiesa già sana. Se invece ti trovi in una situazione che necessita di un serio cambiamento, allora devi essere prima di tutto in grado di gioire per ciò che già c’è di buono, piuttosto che andare a dire a tutti ciò che non va. Dunque, se Dio non ti ha naturalmente dotato di questa grazia e dolcezza, allora avrai molte difficoltà. Conosco alcune persone che sono semplicemente più dottrinarie e vanno solo a due velocità.
Jonathan: E quali sono queste due velocità?
Mark: Giusto o sbagliato. Mi fanno molte domande ogni settimana e la risposta è: “Beh, non lo so”. Non è un problema! Ogni volta che ammetto di non avere una risposta, non faccio che ribadire che non sono Dio e fugare qualsiasi illusione di questo tipo.
Jonathan: Un’ultima domanda: in che modo quest’opera di rivitalizzazione ha ricadute su tua moglie e i tuoi figli? In che misura è necessario prendere ciò in considerazione?
Mark: Penso che se tua moglie e i tuoi figli nutrono determinate aspettative, devi esserne il più possibile consapevole, così da accettarle o rifiutarle il più chiaramente possibile. Tua moglie non dovrebbe sentirsi in competizione con il tuo lavoro, specialmente se lavori in chiesa. Infatti, la chiesa può trovarsi un altro pastore, ma tua moglie non può trovarsi un altro marito. Devi essere consapevole di ciò più di quanto non debba esserlo lei.
Tua moglie deve accettare di salire a bordo ed essere coinvolta nell’opera se non vuoi che il suo affetto si allontani dalla chiesa. Per quanto possibile, devi fare in modo che la colpa ricada tutta sulle tue spalle.
I mariti devono avere una prospettiva a lungo termine. Altrimenti, mettono a rischio il rapporto che la moglie ha con il Signore in relazione alla chiesa. Questo è il tipo di sapienza che è necessario avere nelle prime fasi della crescita di una chiesa. Dopo tutto, per una famiglia è più difficile il successo che non il fallimento perché il successo comporta una serie di cose buone all’apparenza che possono però assorbire tutto il nostro tempo.
Le famiglie non funzionano così. Possono sicuramente prosperare, ma solitamente in mezzo a tante lotte. Le vittorie non sono così rapide e così ogni uomo è tentato di dire: “Preferisco tornare indietro, quando ottenevo quel particolare risultato o quella particolare reazione, mentre qui invece mi sembra che mi diano per scontato e che nulla funzioni veramente come vorrei”.
Sorprendentemente, per un fondatore di chiese o un nuovo pastore la rivitalizzazione può essere una trappola potente.
Nota dell’editore: questa è la versione adattata di un capitolo di “A Guide to Church Revitalization” edito dal Southern Seminary.
Mark Dever è pastore della Capitol Hill Baptist Church di Washington, D.C. e presidente di 9Marks. È possibile seguirlo su Twitter @MarkDever.
Jonathan Leeman è direttore editoriale di 9Marks e anziano della Cheverly Baptist Church di Cheverly, Maryland. È possibile seguirlo su Twitter @JonathanDLeeman.
(Traduzione a cura di Cristina Baccella)
Tradotto da Coram Deo in Italia. Visita il loro sito per accedere alle risorse disponibili.