Il Vangelo

Nove segni caratterizzanti la chiesa dove si predica il vangelo della prosperità

Article
01.15.2014

Da cosa si capisce che una chiesa professa il vangelo della prosperità?

Ho passato i primi nove anni della mia conversione in una di queste comunità, ai quali è seguito un biennio di riabilitazione teologica che mi ha addestrato per i successivi sei anni di pastorato, questi ultimi svolti in un àmbito cittadino. Grazie a questo mio bagaglio teologico, ho potuto ravvisare nove tipicità che caratterizzano una chiesa sana e che forniscono un modello utile anche per valutare tutte le chiese, incluse quelle dove viene insegnato il vangelo della prosperità.

Quello che notiamo subito è che una chiesa del vangelo della prosperità è una chiesa che vive in maniera opposta a tali nove segni.

Alcuni degli esempi che seguono sono specifici e il lettore potrebbe anche non riconoscervisi. Molti però hanno carattere generale e vengono diffusi dai predicatori su internet, per radio e in televisione. Poiché il movimento evangelico della prosperità è interconfessionale, gli insegnamenti espressi in questo articolo non vanno associati a nessuna denominazione evangelica in particolare.

  1. LA PREDICAZIONE ESPOSITIVA

La predicazione nelle chiese evangeliche della prosperità è tutt’altro che espositiva. Al contrario, in quelle chiese, lo scopo della predicazione è incentivare gli ascoltatori a dare economicamente, un dare che mira a ricevere. I predicatori sfruttano i passi biblici in cui viene affrontato il tema del dare nei sacrifici delle decime e delle offerte settimanali. Esortano gli ascoltatori ad esercitare la loro fede, piantando, come amano dire, un “seme della fede”. Così facendo, strumentalizzano la legge di Dio sulla liberalità e ottengono la loro conquista finanziaria.

Non di rado, vengono usati passi isolati dell’Antico Testamento a dimostrazione dell’abbondante ricompensa che Dio dà, in risposta al donare della fede. Uno dei classici passi attraverso i quali i fedeli vengono manipolati ed invogliati a dare di più, è Malachia 3:10. I predicatori della prosperità estrapolano due punti da questo verso. Come prima cosa, affermano che un credente che non offre la decima, deruba Dio. Successivamente, li assicurano che Dio vuole che lo mettano alla prova dando di più, in modo che Egli possa contraccambiare, dando di più a loro.

Ma esaminiamo Malachia 3:10 nel giusto contesto.

Gli israeliti stavano defraudando Dio, perché non offrivano abbastanza a favore di quella sorta di magazzino nazionale usato per sostentare i sacerdoti di Israele. I sacerdoti erano pertanto costretti a disertare le loro mansioni sacerdotali e a praticare l’agricoltura per sopravvivere (vedi Neemia 13:10-13). Dio perciò ordinava a Israele di metterlo alla prova, offrendo con liberalità e ubbidienza. Se lo avessero fatto, Egli li avrebbe generosamente ricompensati, come era successo in passato (2 Cron. 31:7-10). Il passo riguarda un episodio storico specifico della vita di Israele. Tuttavia, predicarlo dandogli i tratti di un sermone cristiano, richiede molto più che il semplice trasferimento dei comandamenti e delle promesse che contiene ai singoli cristiani. E’ vero, ci sono applicazioni più estese sul cristiano, in merito al dare; ma prima, bisogna spiegare le differenze tra Antico e Nuovo Patto, principalmente la natura delle promesse di Dio a Israele e il modo in cui esse si adempiono in Cristo per il credente.

Una chiesa sana usa la predicazione per comunicare le parole di Dio al suo popolo. Pone l’ascoltatore a confronto con la verità divina e infonde certezza, incoraggiamento, trasparenza, invitando all’azione. Inoltre, implementa ogni testo intorno al Vangelo, mostrando all’ascoltatore la centralità di Gesù Cristo e quanto Egli sia necessario per il credente che vive in obbedienza alla Parola di Dio. Una chiesa sana insegna ai credenti che i risultati di una vita santa non si identificano necessariamente nel profitto finanziario, ma piuttosto nella pietà che onora il nostro Signore.

  1. LA TEOLOGIA BIBLICA

La teologia del vangelo della prosperità poggia sull’errore fondamentale secondo il quale l’uomo condividerebbe con Dio una sorta di divinità, tale che le nostre parole hanno lo stesso potere creativo delle parole di Dio. Salmo 82:6, Proverbi 18:20-21, e Romani 4:17 sono i passi comunemente usati per sorreggere questa menzogna. Si sente spesso dire che l’uomo è un “dio in miniatura”, che può manifestare la propria essenza divina facendo venire le cose in esistenza tramite la parola, con la quale egli creerebbe e controllerebbe anche il proprio destino, addirittura comandando a un Dio frustrato e limitato di agire per conto nostro e a nostro beneficio. Tuttavia, nessuno dei testi citati supporta simili insegnamenti, tipici del vangelo della prosperità. In Salmo 82:6, il salmista sta solo gridando a Dio il proprio dispiacere, causato da certi giudici corrotti a capo della nazione di Israele. Dio si rivolge direttamente a quei giudici empi, chiamandoli “dèi” per sottolineare il fatto che stavano giudicando la nazione al posto suo.1 Essi dovevano usare la sua Parola come criterio di giudizio. Nel verso seguente, Dio ricorda a questi giudici iniqui che non sono eterni, ma semplici mortli, incapaci di vivere e giudicare rettamente. Insomma, il passo non intende affatto conferire all’uomo lo status di semidio, né gli dà il potere di agire con autorità sovrana. Viceversa, è l’unico vero Dio vivente che giudica le loro condotte immorali.

Proverbi 18:20-21 fissa un principio, non dà una promessa, e illustra due verità. La prima è che non sono le nostre parole a determinare il nostro destino; piuttosto, esse palesano le condizioni del nostro cuore. La seconda è che, talvolta, esse producono delle conseguenze. Il passo non intende attribuirci la facoltà di stabilire la durata della nostra vita, e men che meno afferma che Dio non potrebbe salvarci, nel caso in cui provocassimo la nostra morte, come insegnano taluni falsi dottori della prosperità. Quanto a Romani 4:17 Paolo insegna che Dio giustifica Abramo, dichiarandolo padre delle nazioni mentre Abramo era ancora senza figli. Il passo non ha nulla a che fare con i credenti che desiderano più quattrini, promozioni di lavoro o la salvezza dei propri cari perduti. Romani 4:17 proclama semplicemente che Dio è l’unico che può chiamare le cose in esistenza. Una chiesa che gode di buona salute spirituale, insegnerà ai propri membri la sana dottrina radicata nelle Scritture, le quali sono preservate nel contesto. E’ un insegnamento ineccepibile che fornisce all’ascoltatore i necessari nutrienti biblici per crescere fino alla maturità in Cristo (2 Timoteo 3:16-17). Perché una chiesa sia sana, deve insegnare tutta la Bibbia, ponendola nel contesto di tutta la Bibbia, e ricavando le proprie convinzioni dottrinali da tutta la Bibbia, senza decontestualizzare i versi (1 Tim. 1:5; Tito 2:1-10; 2 Giovanni 1-6).

  1. IL VANGELO

In molte chiese evangeliche dove si insegna il vangelo della prosperità, il messaggio viene identificato con le benedizioni materiali legate al patto abramitico. Sebbene la vita, la morte, la sepoltura e la risurrezione di Cristo siano presentate come perfettamente compiute e si predichi che la salvezza è possibile solo per mezzo di Lui, molti fautori del vangelo della prosperità, nella pratica sostengono che una persona ha veramente creduto nel Vangelo se riceve le benedizioni materiali promesse da Dio ad Abraamo (Gen. 12-15).

Ho notato che tale insegnamento spinge i credenti a privilegiare una di queste due possibilità: se un cristiano possiede ricchezze e salute fisica, è salvato perché sta godendo i frutti delle promesse di Abraamo. Se invece queste benedizioni non si vedono nella sua vita, non ha abbastanza fede. E’ ancora nel peccato e deve mettere più soldi nelle offerte. O forse non ha confidato completamente in Gesù Cristo e deve ancora nascere di nuovo, per poter ricevere le benedizioni materiali promesse a patriarca. Per contro, le chiese in cui viene predicata la sana dottrina, proclamano con franchezza tutto l’insegnamento del vangelo. Ciò comprende il fatto che siamo stati creati a immagine di Dio (Gen. 1:26-27), che un tempo avevamo perfetta comunione con Dio (Genesi 2:7-25) ma che, siccome il nostro progenitore Adamo peccò, tutta l’umanità è stata separata sia fisicamente (Gen. 3:1-19) sia spiritualmente (Romani 5:12) dal Dio santo e giusto che ci ha fatti. Giacché l’umanità si è allontanata da Dio a causa del peccato, Dio ha decretato che per espiare il peccato ci dovesse essere uno spargimento di sangue e una morte sostitutiva (Levitico 1:3-17). La bellezza del Vangelo sta nel fatto che Gesù Cristo, sin dall’eternità coesistente con Dio (Giovanni 1:1), si fece uomo (Giovanni 1:14), visse una vita immacolata osservando la legge di Dio (Ebrei 7:26), e versò il proprio sangue, immolandosi al posto dei peccatori (Marco 10:45 e 2 Pietro 2:24). Egli rimase tre giorni nel sepolcro (Matteo 27: 57-66), ma il terzo giorno risuscitò (Matteo 28:1-8) e oggi chiama tutti gli uomini a ravvedersi dei loro peccati e a confidare in Lui, per essere riconciliati con Dio e ricevere la vita eterna (Giovanni 3:16).

Il vangelo biblico non promette ricchezza e prosperità ai cristiani in questa vita, in adempimento delle promesse di Dio fatte ad Abraamo. Piuttosto, al presente, la vera “benedizione” in Abraamo per noi cristiani è ricevere lo Spirito Santo (Galati 3:14) e, nell’era a venire, possedere non solo questa terra, ma l’intera nuova creazione (Romani 4:13, Apocalisse 21-22).

  1. LA CONVERSIONE

Convertirsi in una chiesa evangelica della prosperità comporta la presenza antitetica di due elementi: una netta convinzione e una salvezza per opere. I predicatori della prosperità sono noti per la loro fissazione nel definire “salvata” una persona solo quando termina di recitare la “preghiera del peccatore”.

Dopo che si è verificato questo semplice atto, a loro detta valido ai fini della salvezza, il neoconvertito deve sottomettersi alla guida e agli insegnamenti della chiesa, offrire regolarmente la decima, fare frequenti offerte e sforzarsi di servire in modo costante la congregazione.

Finché fa queste cose, secondo loro, serba la salvezza, ma se smette per un periodo di tempo prolungato, può incorrere nel peccato di apostasia. Per imprimere tale indottrinamento, sappiamo che quei pastori esercitano una manipolazione non solo di tipo psicologico ma anche scritturale, spingendo i membri della chiesa a perseverare nelle varie attività comunitarie e facendo loro credere che lo fanno per il Signore. Questa totale disponibilità al servizio, essi assicurano, impedirà al credente di “scadere dalla grazia” e di perdere la salvezza. Tuttavia, alcuni seguaci del Vangelo della prosperità, arrabbiati coi loro pastori, stanno cominciando a mettere in discussione i metodi di questi ministri, rifiutandosi di assecondare le loro richieste.

Ho sentito pastori, che avevano fiutato di star perdendo il controllo su qualche credente, sostenere che il tale membro è un disubbidiente che causa solo divisione e che questo suo comportamento ribelle lo porterà alla perdita della salvezza, se non si pente e non ricomincia remissivamente a servire in chiesa. Hanno usato 1 Samuele 15:23 per far notare le conseguenze delle azioni di quella persona e per dissuadere gli altri dall’imitarne la condotta. Ma questo verso parla della disobbedienza di Saul ad un comando di Dio, non di un credente che dubita circa un insegnamento che non reputa biblico o di certe pratiche ecclesiastiche. Una chiesa dottrinalmente sana insegna con amore l’idea biblica della conversione. Nella Bibbia leggiamo che la conversione avviene allorché si predica il vangelo biblico (Romani 1:16-17, 10:9-17) e il peccatore si pente dei propri peccati, riponendo la sua fiducia in Gesù Cristo (Atti 3:19; Rom. 3:21-26). Il ravvedimento si manifesta quando lo Spirito Santo fa sì che il peccatore, spiritualmente morto nei peccati, sia vivificato in Cristo (Giovanni 3:3-8; Ef. 2:1-10).

Una genuina conversione biblica pone sempre l’accento sul pentimento e sulla fede nell’opera di Cristo, e non la si ottiene semplicemente recitando una preghiera o servendo la comunità fino allo stremo delle forze, per timore di perdere la salvezza.

  1. L’ATTIVITÀ EVANGELISTICA

Nelle comunità dove si professa il vangelo della prosperità, si insegna sistematicamente che l’evangelismo deve essere accompagnato dalla dimostrazione di segni e prodigi. La convinzione è che se ci sono questi due fattori, i peccatori si pentiranno e crederanno in Gesù. Ho sentito persone dire, mentre si pregava in previsione di una campagna evangelistica, che i peccatori non si convertiranno mai, se non vedono le prove tangibili dell’opera soprannaturale dello Spirito Santo elencate in Marco 16:15-16.

Ora, poiché nei più antichi manoscritti originali questo passo viene omesso, non è saggio costruire il proprio impianto teologico solo su di esso2. Inoltre, imporre alle persone di dimostrare i segni menzionati in Marco 16:15-16 per stabilirne la validità nell’evangelizzazione è avventato e manipolatorio. L’evangelismo biblico chiama i peccatori al pentimento mediante la predicazione del vangelo, vangelo che non ha bisogno di ammodernamenti o abbellimenti per essere efficace (1 Corinzi 15:1-4). La Bibbia afferma apertamente che il vangelo è potenza di Dio per la salvezza dei peccatori (Romani 1:16, 10:17).

  1. L’APPARTENENZA ALLA CHIESA

Le chiese evangeliche della prosperità spesso uguagliano l’appartenenza alla chiesa con la regolare frequenza, l’offerta della decima e il servizio attivo in comunità, che ci sia o meno un impegno formale. I fedeli, abitualmente, godono della posizione di “membri comunicanti di chiesa” se si mostrano zelanti in queste attività per un certo periodo di tempo. Ricordo il caso di una persona che aveva frequentato una chiesa per oltre vent’anni e aveva un’ottima posizione nella comunità, pur non essendo mai stata convertita. D’altronde, non ne avvertiva il bisogno, data la sua munificenza finanziaria, e perciò era libera di espletare settimana dopo settimana i suoi compiti comunitari. Ho visto persone in simili situazioni, vivere in aperto peccato e evitare la disciplina della chiesa. Una chiesa spiritualmente in salute presenta l’appartenenza alla chiesa come una benedizione e un mandato per il credente. La benedizione è che la chiesa testimonia la fede del credente e lo edifica nell’amore (Ef. 4:11-16). Il mandato è che Cristo esige che i cristiani si sottomettano alla sua autorità, nel sottomettersi all’autorità della chiesa. Non sei veramente un membro del corpo se te ne puoi separare a tuo piacimento.

  1. LA DISCIPLINA DELLA CHIESA

Mi è capitato di assistere a casi di disciplina ecclesiastica in chiese evangeliche della prosperità, sfociati in uno di due estremi. Il primo fu una scomunica ufficiosa, nell’infliggere la quale il consiglio di chiesa non si attenne a quanto previsto dalle Scritture in simili circostanze (vedi Matteo 18:15-17, 1 Corinzi 5:1-13; 2 Cor. 2:6; 2 Tess. 3: 6-15). In pratica, gli individui di cui si vociferava vivessero nel peccato, furono “messi sotto disciplina” dalla chiesa in privato solo perche’ si potesse parlare in pubblico di loro come di quelli coi quali non si dovevano avere contatti a causa della loro della loro insubordinazione. L’altro estremo è quello di ignorare completamente l’errore di un responsabile, di un membro del consiglio di chiesa o di entrambi. Quando si seguiva questa consuetudine, gli altri incaricati, che erano a conoscenza del peccato abituale dell’impenitente, si rifiutavano intenzionalmente di ammetterlo e di affrontare il problema. Mi addolora dirlo, ma ho sentito membri del consiglio di chiesa fare allusione alle mancanze di altri fedeli con ruoli di responsabilità, con frasi del tipo: “Dio ti perdona e il suo amore copre la moltitudine dei tuoi peccati” e “solo Dio può giudicarli”.

Nel caso di responsabili di chiesa che avevano peccato ma erano rimasti nel ministero, veniva detto “i doni di Dio sono senza pentimento”, un chiaro travisamento di Romani 11:29. I falsi dottori della prosperità citano spesso 1 Cronache 16:22 (“Non toccare i miei unti, non fate male ai miei profeti!”) come deterrente per le eventuali domande dei fedeli della propria congregazione. Non è raro che le chiese evangeliche della prosperità dissimulino il peccato di un conduttore, concedendogli una sorta di anno sabbatico, invece di applicare 1 Timoteo 5:17-20. Le chiese spiritualmente prospere sposano il desiderio di Dio di avere una chiesa pura e irreprensibile. L’aiutare i propri membri a crescere in Cristo le farà risplendere come luminari nel mondo (Ef. 4:11-32, Fil. 2:1-18). Esse si rendono conto che i loro responsabili spirituali non sono esenti da tentazioni, da errori di valutazione e anche dal peccato. Le chiese sane insegnano e si adeguano a ciò che le Scritture prescrivono, quando si deve esercitare la disciplina ecclesiastica, compresa quella nei confronti dei conduttori (1 Tim. 5:17-20).

  1. IL FARE DISCEPOLI

Nelle chiese evangeliche dove si predica il vangelo della prosperità, il termine “discepolato” spesso è sinonimo di dipendenza dal pastore o da qualche altro esponente di spicco della chiesa. Il discepolo principiante viene chiamato “scudiero”. Nella Bibbia, lo scudiero portava le armi del suo condottiero e le custodiva (1 Sam. 14: 6-7 e 2 Samuele 18:15). Ma nelle chiese evangeliche della prosperità, lo scudiero è diventato un compito non ufficiale. I neofiti che manifestano il desiderio di crescere spiritualmente, vengono virtualmente inseriti in un team, in cui vengono addestrati ad occuparsi dei bisogni emotivi, fisici e spirituali del pastore o del responsabile di chiesa. Il pastore li incarica spesso di sbrigare determinate attività, che vanno dall’evangelizzazione al pagamento delle bollette, tutto in nome del “ministero”. In alcuni casi particolari, ho assistito qualcuno di questi ex-servitori, a cui era stato chiesto di fare dei massaggi al pastore dopo che aveva predicato, e addirittura di concedere favori sessuali.

Se uno di questi “scudieri” rimane devoto abbastanza a lungo, può ottenere una promozione, confermata con un titolo, il permesso di predicare e persino l’ordinazione. Molto spesso, il conduttore fa questo per accrescere la propria popolarità, giacché molti di questi soggetti (tra i quali, qualche volta, figurano anche delle donne) si siedono nei banchi, incitando il pastore mentre predica.

Ho conosciuto dei pastori che si vantavano di aver avuto sotto di loro per anni decine di questi uomini, seduti in chiesa. E’ raro che questi atipici ministri vengano mandati a impiantare delle chiese, a consolidare delle comunità in declino o esortati a impegnarsi in attività missionarie all’estero. Purtroppo, una volta ho parlato con un credente, rimasto alle dipendenze del pastore per oltre quindici anni come “ministro incaricato”, cui non era mai stato detto nulla a proposito delle qualifiche richieste dalla Parola di Dio per un anziano. Invece, una chiesa in buona salute spirituale ammaestra il gregge a dipendere sempre più da Gesù, non da un pastore o da un responsabile di chiesa. I credenti crescono approfondendo la propria conoscenza di Cristo (2 Pietro 3:18), e imitando, per la potenza dello Spirito Santo, il Signore Gesù (1 Cor. 4:16; 11:1; Ef. 5:1). I seguaci della Bibbia producono altri seguaci della Bibbia, non discepoli degli uomini (2 Tim. 2:2, Tito 2:1-8).

  1. IL GOVERNO DELLA CHIESA

I predicatori del vangelo della prosperità ricevono spesso un perpetuo sostegno dai loro membri perché le persone vivono di riflesso attraverso il loro pastore. Se l’uditorio e il conto bancario del pastore crescono, i membri del gruppo festeggiano come se l’incremento li riguardasse. Alcune congregazioni vogliono che il loro pastore abbia l’ultima auto di lusso, indossi costosi abiti griffati e viva in una grande magione, in modo che le benedizioni di Dio possano arrivare anche a loro. Una volta mi fu detto: “Se il mio pastore vive alla grande, sta aprendo la strada a me e alla mia famiglia per vivere alla grande”. In molti casi, si dice che il pastore sia la voce di Dio per la congregazione, e quindi ha un’autorità indiscussa. La struttura del governo di una comunità è a metà strada tra la figura dell’amministratore delegato e quella di una monarchia. Ho visto spesso pastori o anziani incaricati la cui ordinazione non era scaturita da postulati biblici, ma dalla mansione che svolgevano e dalla loro vicinanza al pastore. Una chiesa sana sostiene dei conduttori biblicamente qualificati. 1 Timoteo 3:1-7 e Tito 1:5-9 tratteggiano chiaramente i requisiti che devono avere gli uomini posti a guida della Chiesa di Dio. Tali attributi devono mettere in luce il carattere spirituale dell’uomo, non il suo ufficio o la sua amicizia con il pastore. Gli anziani devono pascolare il gregge, cibarlo con la sana dottrina, condurlo in umiltà e difenderlo dai falsi insegnanti.

PECORE SENZA PASTORE

Nel mio cuore c’è un continuo dolore per questi credenti, tenuti sotto il giogo di alcuni o di tutti i comportamenti denunciati in questo scritto. Sono come quelle pecore senza pastore di cui Gesù ebbe compassione (Matteo 9:36). Queste anime preziose, ai giorni di Gesù, venivano maltrattate, afflitte e tormentate dai loro capi religiosi. Non conoscevano altro modo di vivere, poiché erano i loro stessi leader religiosi a ridurli in quello stato. Gesù reagiva, dicendo ai suoi discepoli di pregare affinché il Signore della messe mandasse operai nella sua messe.

Il dolore che provo per le odierne pecore stanche e sfinite, mi spinge a fare due cose: pregare che il Signore invii operai che cerchino e servano queste pecore disperse e lavorino nel condurre una chiesa sana, in modo che questa possa raggiungere altre pecore smarrite della mia città. Possa questo articolo servire ad accendere nel tuo cuore il desiderio ardente di vedere chiese sane che servano le città in tutto il mondo.

Tratto e tradotto, ad opera di Ciro Izzo

1.  Nel passo c’è un errore di traduzione del termine “dèi”, ‘elohiym, che qui andava tradotto “giudici”, “governanti”, “magistrati”. n.d.t.

2. Questa affermazione dell’autore è confutabile. n.d.t.

Tradotto da Coram Deo in Italia. Visita il loro sito per accedere alle risorse disponibili.

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