Teologia biblica
5 errori del Vangelo della prosperità
Iù di un secolo fa, parlando alla congregazione più grande della cristianità di quel tempo, Charles H. Spurgeon disse:
“Credo che sia anticristiano ed empio per un cristiano vivere con lo scopo di accumulare ricchezze”.[1]
Tuttavia qualcuno potrebbe anche controbattere dicendo: “Non dovremmo sforzarci il più possibile per avere tutto il denaro che possiamo ottenere?”. Sì potrebbe anche essere. Non dubito che, così facendo, si possa rendere un buon servizio in favore della causa di Dio. Tuttavia abbiamo detto che vivere con lo scopo di accumulare ricchezza è anticristiano.
Negli ultimi anni purtroppo il messaggio che è stato predicato in alcune delle più grandi chiese del mondo è cambiato, anzi, un nuovo vangelo viene insegnato in molte congregazioni. Molti nomi sono stati attribuiti a questo messaggio come il vangelo del “affermalo e reclamalo”, oppure del “dillo e afferralo”, il vangelo “salute e ricchezza”, il “vangelo della prosperità” e la “teologia della confessione positiva”.
Al di là dell’etichetta usata, l’essenza del messaggio è la medesima. Detto semplicemente, questo “vangelo della prosperità” insegna che Dio desidera che i credenti siano fisicamente in salute, materialmente ricchi e personalmente felici.
Ascoltiamo cosa dicono le parole di Robert Tilton, uno dei suoi portavoce più conosciuti: “Credo che sia il volere di Dio che tutti prosperino perché lo vedo nelle Scritture, non perché ha operato potentemente attraverso altri uomini. Non presto attenzione agli uomini, ma a Dio che mi ha dato il potere di diventare ricco”. E così gli insegnanti del vangelo della prosperità incoraggiano i propri seguaci a pregare Dio e persino a pretendere la prosperità materiale da Dio.
Cinque errori teologici
In collaborazione con Russell Woodbridge ho scritto un libro intitolato: Salute, ricchezza e felicità: Il vangelo della prosperità ha oscurato il vangelo di Cristo? (ed. Kregel, 2010), per esaminare le pretese sostenute dal vangelo della prosperità. Nonostante il libro abbia argomenti molto vasti per farne un breve riassunto qui, in questo articolo vorrei rivedere cinque dottrine di cui abbiamo trattato nel libro; dottrine nelle quali il vangelo della prosperità presenta palesi errori. Comprendendo questi falli che riguardano dottrine importanti, spero che possiate comprendere chiaramente i pericoli del vangelo della prosperità.
1 – Il patto Abramitico si riferisce ad un diritto materiale
Il patto di Abraamo (Genesi 12, 15, 17, 22) è uno dei fondamenti del vangelo della prosperità. È buono che i teologi della prosperità riconoscano che molte Scritture si riferiscano al completamento del patto Abramitico, purtroppo non va bene che non mantengano una visione ortodossa di esso. Vedono l’inizio del patto in modo sbagliato; più precisamente vedono erroneamente l’applicazione del patto stesso.
Nel suo libro Spreading the flame, (Zondervan, 1992), Edward Pousson sostiene la visione della prosperità nell’applicazione del patto Abramitico: “I cristiani sono i figli spirituali di Abraamo ed eredi delle benedizioni della fede… Questa eredità Abramitica è rivelata primariamente in termini di diritti materiali”. In altre parole, il vangelo della prosperità insegnerebbe che lo scopo primario del patto di Abramitico era che Dio benedicesse Abraamo materialmente. Siccome i credenti sono diventati i figli spirituali di Abraamo, noi avremmo ereditato anche le benedizioni finanziarie. Ecco cosa scrisse Kenneth Copeland nel suo libro del 1974 Le leggi della prosperità: “Siccome il patto di Dio è stato istituito e la prosperità è una conseguenza del patto, devi comprendere che ora la prosperità ti appartiene”.
Per confermare questa pretesa, gli insegnanti della prosperità citano Galati 3:14 che parla della “benedizione di Abraamo venisse sugli stranieri in Cristo Gesù”. È interessante tuttavia osservare che citando Galati 3:14, questi predicatori ignorino la seconda metà del verso “…e ricevessimo per mezzo della fede, lo Spirito promesso”. Quindi Paolo in realtà sta chiaramente ricordando ai Galati le benedizioni spirituali della salvezza e non le benedizioni materiali della ricchezza.
2 – La redenzione di Cristo si estende al “peccato” della povertà materiale
Il secondo grave errore del vangelo della prosperità risiede nella vista difettosa sull’espiazione.
Nel suo articolo “Una valutazione teologica del vangelo della prosperità” (Biblioteca Sacra), il teologo Ken Sarles osserva come il vangelo della prosperità affermi che “sia la guarigione fisica sia la prosperità finanziaria sono state messe a disposizione nella espiazione”. Questa sembra un’accurata osservazione alla luce dell’affermazione di Kenneth Copeland che sostiene che “il principio basilare della vita cristiana è sapere che Dio ha imputato il nostro peccato, malattie, infermità, dolore, pene e la povertà su Gesù al calvario”. L’errata interpretazione dello scopo dell’espiazione deriva dai due errori che fanno i fautori del vangelo della prosperità.
Il primo errore, molti di coloro che sostengono la teologia della prosperità hanno una fondamentale convinzione errata della vita di Gesù. Ad esempio, l’insegnante John Avanzini proclamò in un programma della TBN (“Believer’s Voice of Victory”) che Gesù ebbe “una bella casa”, “una grande casa”, “Gesù aveva a disposizione molto denaro”, e persino che “indossava abiti di alta sartoria”. E facile vedere come una visione così distorta della vita di Cristo possa portare a una convinzione errata ugualmente distorta della morte di Cristo.
Il secondo errore che porta ad una visione difettosa della espiazione è un’errata interpretazione di 2 Corinzi 8:9 dove Paolo afferma: “Infatti voi conoscete la grazia del nostro Signore Gesù Cristo, il quale, essendo ricco, si è fatto povero per voi, affinché, mediante la sua povertà, voi poteste diventare ricchi”. Sebbene una lettura superficiale di questo verso possa condurre un uomo a credere che Paolo stesse insegnando sull’accrescimento della ricchezza materiale, una lettura contestuale rivela che egli stava invece insegnando proprio il principio opposto. In realtà, Paolo stava istruendo i Corinzi che siccome Cristo ha realizzato così tanto per loro attraverso la espiazione, essi dovevano svuotare sé stessi delle loro ricchezze nel servizio per il Salvatore. Questo perché proprio cinque versi più avanti Paolo richiede ai Corinzi di dare le loro ricchezze per i loro fratelli bisognosi, scrivendo: “…nelle attuali circostanze la vostra abbondanza serve a supplire al loro bisogno” (2 Corinzi 8:14).
3 – I cristiani donano allo scopo di ottenere ricompense materiali da Dio
Una delle caratteristiche che colpiscono di più dei teologi della prosperità è la loro fissazione sull’atto del dare. Siamo obbligati a dare generosamente e messi davanti a frasi misericordiose del tipo: “La vera prosperità è l’abilità di usare il potere di Dio per incontrare i bisogni dell’umanità in ogni aspetto della vita”, oppure “Siamo chiamati a finanziare il vangelo per il mondo”. Nonostante queste frasi possano apparire degne di lode, l’enfasi sul dare è costruita su dei motivi che non sono altro che filantropici. La forza trainante dietro questi insegnamenti sul donare è quella a cui si riferisce l’insegnante della prosperità Robert Tilton come “Legge di compensazione”. Secondo questa legge, basata su Marco 10:30 (“Io vi dico in verità che non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o padre o madre o moglie o figli o poderi per amor mio e dell’evangelo, che non riceva il centuplo ora, in questo tempo, in case, fratelli, sorelle, madre, figli e poderi”), i cristiani dovrebbero dare generosamente agli altri perché se lo fanno, Dio restituirà loro molto di più. Questo produce un ciclo di prosperità sempre maggiore.
Come Gloria Copeland afferma nel suo libro del 2012 Il volere di Dio è la prosperità: “Dai 10 dollari e ne riceverai 1.000, danne 1.000 e ne riceverai 100.000, in breve Marco 10:30 è un ottimo affare”. E’ evidente, quindi, che la dottrina del vangelo della prosperità riguardo al donare è costruita su motivi errati. Dove Gesù insegna ai suoi discepoli di “donare senza sperare di averne in cambio” (Luca 10:35), i teologi della prosperità insegnano ai loro discepoli di donare affinché se ne abbia un maggiore ritorno.
4 – La fede è una “forza spirituale” generata da sé stessi che conduce alla prosperità
Sebbene il cristianesimo ortodosso comprenda che la fede proviene dalla persona di Gesù Cristo, gli insegnanti della prosperità espongono al contrario qualcosa di molto differente. Nel suo libro Le leggi della prosperità Copeland scrive: “La fede è una forza spirituale, un’energia spirituale, un potere spirituale. È la forza della fede che fa funzionare le leggi del mondo spirituale… Ci sono certe leggi che governano la prosperità rivelate nella Parola di Dio. La fede fa in modo che esse funzionino”. Ma questo è un modo erroneo, forse anche eretico, di comprendere la fede.
Secondo la teologia della prosperità, la fede non è impartita da Dio, non è un atto della volontà centrata su Dio. Piuttosto essa è una forza spirituale centrata sull’uomo, diretta verso Dio. In realtà, qualsiasi teologia che vede la fede principalmente come un mezzo per ottenere un guadagno materiale piuttosto che la giustificazione davanti a Dio dev’essere giudicata quantomeno fallace ed errata.
5 – La preghiera è un mezzo per obbligare Dio ad elargire la prosperità
I predicatori del vangelo della prosperità spesso fanno notare che “non abbiamo perché non chiediamo” (Giacomo 4:2). Ci incoraggiano a pregare per il successo personale in tutte le aree della vita. Come scrive Creflo Dollar: “Quando preghiamo, credendo che abbiamo già ricevuto quello per cui stiamo pregando, Dio non ha altra scelta se non quella di soddisfare le nostre preghiere. È la chiave per ottenere risultati come cristiani”.
Le preghiere per le benedizioni personali non sono sbagliate di per sé – ovviamente – ma l’enorme enfasi del vangelo della prosperità sull’uomo modifica la preghiera in un mezzo che il credente può usare per obbligare Dio a soddisfare i propri desideri.
Nel vangelo della prosperità, l’uomo – e non Dio – diventa il punto focale nella preghiera. Curiosamente, i predicatori della prosperità spesso ignorano la seconda metà dell’insegnamento di Giacomo sulla preghiera: “…perché domandate male per spendere nei vostri piaceri” (Giacomo 4:3). Dio non risponde alle richieste egoistiche che non onorano il Suo Nome.
Sicuramente tutte le nostre richieste dovrebbero essere portate alla conoscenza di Dio (Filippesi 4:6), ma il vangelo della prosperità si focalizza così tanto sui desideri dell’uomo che può portare le persone a pregare in modo egoista, poco profondo e superficiale, non portando gloria a Dio. In più, quando abbinato alla dottrina della prosperità sulla fede, questo insegnamento può portare la gente a tentare di manipolare Dio per ottenere quello che desiderano in una sfida inutile. Tutto questo significa rimuovere dalla preghiera quel “sia fatta la tua volontà“.
“Se il vangelo della prosperità fosse vero, la grazia sarebbe obsoleta, Dio sarebbe irrilevante, e l’uomo sarebbe la misura di tutte le cose.”
Un vangelo falso
Alla luce delle Scritture, il vangelo della prosperità è fondamentalmente imperfetto.
In ultima analisi è un vangelo falso per la sua erronea visione della relazione fra Dio e l’uomo.
Detto semplicemente, se il vangelo della prosperità fosse vero, la grazia sarebbe obsoleta, Dio sarebbe irrilevante, e l’uomo sarebbe la misura di tutte le cose. Sia che parlino del patto di Abraamo, dell’espiazione, del donare, della fede, o della preghiera, i predicatori della prosperità cambiano la relazione tra Dio e l’uomo in un quid pro quo (“equivoco” o “scambio di persona o cosa”, NdE).
Come notò James Goff nell’articolo del 1990 su Christianity Today, Dio è ridotto “ad una specie di fattorino cosmico che si occupa dei bisogni e dei desideri delle sue creature”.
Questa è una visione completamente inadeguata e contraria alla Bibbia nella relazione tra Dio e l’uomo.
Nota:
Nella foto Joel Osteen, Senior Pastor della Lakewood Church, la chiesa più grande degli Stati Uniti per numero di fedeli.
[1] Tom Carter, ed., 2,200 Quotations from the Writings of Charles H. Spurgeon (Grand Rapids: Baker Book House, 1988), p.216.
(Traduzione a cura di Fabio Tengattini)
Tradotto da Coram Deo in Italia. Visita il loro sito per accedere alle risorse disponibili.