Membri di chiesa

La componente corporativa della conversione

Da Jonathan Leeman

Jonathan Leeman iè il Direttore Editoriale 9Marks, e un anziano presso la Cheverly Baptist Church in Cheverly, Maryland. Potete trovarlo su Twitter con @JonathanDLeeman.
Article
02.20.2012

Se nella tua concezione della conversione non è contemplata una componente corporativa, allora ti manca una parte essenziale. Se c’è un capo o principe del patto, c’è anche un popolo del patto.

Prima verticale e poi inevitabilmente orizzontale

Ciò non significa che dovremmo mettere la compente corporativa al primo posto. Si potrebbe pensare che la famosa affermazione di N. T. Wright sulla giustificazione tratti “non tanto di soteriologia, quanto di ecclesiologia; non tanto di salvezza, quanto di chiesa” ( What Saint Paul Really Said , p. 119). In questo modo, secondo quanto sostenuto da Douglas Moo, stiamo mettendo in primo piano ciò che il Nuovo Testamento lascia in secondo piano e stiamo relegando in fondo ciò che invece spicca (citato in D. A. Carson, “ʽFaithʼ and ʽFaithfulnessʼ”).

Non ci può essere alcuna vera riconciliazione tra uomini se prima i singoli peccatori non si sono riconciliati con Dio. La dimensione orizzontale segue necessariamente quella verticale: l’ecclesiologia segue la soteriologia; l’elemento corporativo non viene per primo, altrimenti nulla sussisterebbe.

Tuttavia, è una componente da considerare; deve far parte della struttura della dottrina della conversione. La nostra unità in Cristo non è solo una conseguenza della conversione, ma ne è parte integrante. La riconciliazione con il popolo di Dio è distinta , ma inseparabile dalla riconciliazione con Dio.

A volte questo concetto va perso quando parliamo dei meccanismi della conversione, come ad esempio quando, discutendo la dottrina della conversione, ci limitiamo a parlare della relazione tra la sovranità divina e la responsabilità umana o alla necessità di un ravvedimento e della fede. Tuttavia, per avere un quadro completo della conversione, dovremmo considerare anche ciò da cui veniamo e verso cui andiamo. Convertirsi significa passare dalla morte alla vita, dal dominio delle tenebre alla luce e dalla solitudine all’appartenenza a un popolo, dall’essere una pecora smarrita al far parte di un gregge, dall’isolamento all’appartenenza a un corpo.

Notiamo quanto afferma Pietro:

Voi, che prima non eravate un popolo, ma ora siete il popolo di Dio; voi, che non avevate ottenuto misericordia, ma ora avete ottenuto misericordia (1 Pietro 2:10).

Ricevere misericordia (riconciliazione verticale) va di pari passo con il diventare un popolo (riconciliazione orizzontale). Dio ha avuto misericordia perdonando i nostri peccati ed ecco che come conseguenza veniamo inclusi nel suo popolo.

La natura corporativa dei patti

In effetti, la componente corporativa della nostra conversione è già evidente se consideriamo che la Bibbia si fonda su vari patti. È vero che tutti i patti dell’Antico Testamento trovano il loro compimento nella progenie (singolare) di Abraamo. Gesù è il nuovo Israele. Tuttavia, è anche vero che tutti coloro che vengono uniti a Cristo nel nuovo patto diventano l’Israele di Dio, la progenie (plurale) di Abraamo (Galati 3:29; 6:16).

In altre parole, l’esistenza di un capo o principe del patto implica per definizione un popolo del patto (si veda Romani 5:12 e seg.). Appartenere al nuovo patto, perciò, significa appartenere a un popolo.

Dunque, non ci sorprende se le promesse dell’Antico Testamento circa un nuovo patto sono rivolte a un popolo: “Nessuno istruirà più il suo compagno o il proprio fratello, dicendo: ʽConoscete il SIGNORE!ʼ, poiché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande», dice il SIGNORE. «Poiché io perdonerò la loro iniquità, non mi ricorderò del loro peccato»” (Geremia 31:34). Il nuovo patto promette perdono (verticale) e l’appartenenza a una comunità di fratelli (orizzontale).

La dimensione verticale e orizzontale in Efesini 2

Tutto ciò è espresso perfettamente in Efesini 2. I vv. 1-10 spiegano il perdono e la nostra riconciliazione verticale con Dio: “è per grazia che siete stati salvati”. I vv. 11-20 poi parlano della dimensione orizzontale: “Lui, infatti, è la nostra pace; lui che dei due popoli ne ha fatto uno solo e ha abbattuto il muro di separazione abolendo nel suo corpo terreno la causa dell’inimicizia” (v. 14).

Notiamo che si parla al passato. Cristo ha già fatto di Giudei e Gentili un solo popolo. Non c’è alcun imperativo: Paolo non sta comandando ai suoi lettori di ricercare l’unità, ma piuttosto sta usando l’indicativo ad indicare ciò che già sono perché Dio l’ha compiuto nell’esatto momento in cui ha portato a compimento la riconciliazione verticale, sulla croce (si veda anche la relazione tra indicativo e imperativo in Efesini 4:1-6).

Grazie al nuovo patto di Cristo, l’unità del corpo è un dato di fatto, accaduto con la conversione. Convertirsi significa diventare membro del corpo di Cristo. La nostra nuova identità include una componente ecclesiale: Cristo ci ha fatti individui ecclesiali.

Voglio spiegarmi in termini ancora più semplici: quando una madre e un padre vanno in un orfanotrofio per adottare un bambino, lo portano a casa e a cena lo fanno sedere a tavola con nuovi fratelli e sorelle. Essere un figlio non è come essere un fratello: la relazione di figlio viene per prima, ma poi inevitabilmente segue la fratellanza.

In altre parole, con la conversione sei inserito di diritto nella foto di famiglia.

Applicazione personale: unisciti a una chiesa!

Quali applicazioni possiamo trarre da tutto ciò per le nostre vite? Facile: uniamoci a una chiesa!

Siamo stati resi giusti, quindi dobbiamo essere tali. Siamo stati fatti membri del suo corpo, quindi dobbiamo effettivamente unirci al corpo. Siamo stati fatti un solo popolo, quindi dobbiamo essere un tutt’uno con un gruppo di cristiani.

Applicazione per le chiese: chiarisci bene la dottrina

Cosa significa tutto ciò per le nostre chiese? Significa che è fondamentale chiarire bene quali siano le dinamiche della conversione, in base a quanto visto in precedenza. Vogliamo avere un giusto concetto sia della sovranità divina che della responsabilità umana, sia del ravvedimento che della fede. Se ci sono squilibri su questi punti, allora anche la chiesa vivrà in uno stato di equilibrio precario e confusione. Ciò che includi negli ingredienti della conversione incide sulla “zuppa”, ossia sulla sostanza della chiesa.

Se la tua dottrina della conversione manca di un giusto concetto della sovranità di Dio , la tua predicazione e la tua evangelizzazione rischieranno di essere manipolatrici e mosse da motivazioni umane ed egoistiche. Il tuo approccio alla leadership tenderà a essere più pragmatico. Rischierai di esaurire te stesso e la tua comunità con un’agenda sovraccarica. L’appartenenza alla chiesa comporterà principalmente la conquista di una serie di diritti e vantaggi (come in un country club). La responsabilità di ciascuno e la disciplina svaniranno, mettendo a rischio la santità della chiesa. E la lista potrebbe andare avanti.

Se la tua dottrina della conversione manca di un giusto concetto della responsabilità umana , tenderai ad amministrare in modo poco saggio i tuoi doni, come pure quelli della tua chiesa. Sarai più tentato alla compiacenza mentre evangelizzi e prepari i sermoni. Sarai meno disposto a mostrare amore e compassione verso chi è afflitto. Potrai esser percepito da alcuni come severo o insensibile. Potresti avere una vita di preghiera molto debole e così rinunciare a tutte quelle benedizioni che potrebbero essere tue. Metteresti a rischio l’amore. E la lista potrebbe continuare.

Se la tua dottrina della conversione manca di un giusto concetto del ravvedimento , farai presto ad assicurare alle persone la salvezza, ma dimenticherai di parlare del costo insito nel seguire Cristo. Saprai meglio tollerare la carnalità e le divisioni nella chiesa; anche i membri cominceranno a tollerare tutte queste cose perché molti di loro nutriranno una fede solo superficiale. Il nominalismo sarà molto comune, perché la grazia comporterà un basso costo. In generale, alla chiesa piacerà cantare di Cristo il Salvatore, ma non di Cristo il Signore e non apparirà molto diversa dal resto del mondo.

Se la tua dottrina della conversione manca di un giusto concetto della fede , avrai una chiesa piena di legalisti ansiosi, moralisti e alla ricerca dell’approvazione degli uomini. I membri della chiesa più disciplinati si sentiranno molto bravi, mentre gli altri nasconderanno il loro peccato e impareranno con il tempo a condannare se stessi e ad avercela con gli altri. La trasparenza sarà rara e l’ipocrisia comune. Gli outsider e i figli prodighi non sentiranno il calore e la compassione della vera grazia. Le preferenze culturali e le tradizioni saranno confuse con la legge. Alla chiesa piacerà cantare dei comandamenti di Cristo il Re, ma non dell’Agnello ucciso per loro.

Sto parlando a grandi linee ovviamente; le cose non sono precisamente così, ma in ogni caso voglio sottolineare la stretta connessione tra la dottrina della conversione e il benessere della chiesa. Se la conversione implica necessariamente una componente corporativa o, più concretamente, se ogni conversione individuale produce necessariamente un popolo unito, allora tutto ciò che includiamo nella nostra dottrina della conversione avrà grossi effetti sul tipo di chiesa che otterremo.

Vuoi una chiesa sana? Allora lavora sulla tua dottrina della conversione e insegna ognuna delle sue sfaccettature al tuo corpo. Inoltre, assicurati che le strutture e i programmi della tua chiesa siano in accordo con questa dottrina multi sfaccettata e potente.

Jonathan Leeman è Direttore Editoriale di 9Marks e anziano presso la Cheverly Baptist Church di Cheverly, Maryland. Puoi seguirlo su Twitter: @JonathanDLeeman.

Tradotto da Coram Deo in Italia. Visita il loro sito per accedere alle risorse disponibili.

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